Ferro: che ruolo ha nella dieta?

Il ferro entra nella costituzione dell’emoglobina, della mioglobina ed enzimi.

Il ferro trova coinvolgimento in svariate importanti funzioni nell’organismo, tra le quali:

  • Trasporto di ossigeno ai tessuti;
  • Trasferimento di elettroni nella catena respiratoria;
  • Attività di importanti sistemi enzimatici (sintesi e degradazione delle ammine biogene come dopamina e serotonina; degradazione metabolica di xenobiotici).

Il contenuto di ferro nell’organismo è di circa 3-4 g.

il 65% del ferro totale dell’organismo è presente nella molecola dell’emoglobina, mentre il 10% è contenuto nella mioglobina.

Il 25% è costituito principalmente dal ferro di deposito (ferritina ed emosiderina) mentre minime quantità sono presenti negli enzimi e nei citocromi o associate alla transferrina (proteina di trasporto).

L’organismo mantiene l’equilibrio del ferro attraverso la costituzione di un pool di riserva e la modulazione dell’assorbimento in funzione dei bisogni il recupero dal catabolismo degli eritrociti.

Ferro: assorbimento, carenza ed eccesso

Nel calcolare l’assunzione di ferro con la dieta è molto importante distinguere le due forme di ferro, eme e non-eme, in quanto la loro biodisponibilità è molto diversa ed incide notevolmente sulla valutazione del potenziale assorbimento del ferro dalla dieta.

Il ferro eme è presente nelle emoproteine del pesce e della carne; il suo assorbimento (circa 15-35%) è indipendente dalla composizione della dieta (viene assorbito intatto come complesso porfirinico senza interazioni degli altri costituenti della dieta).

L’assorbimento del ferro non-eme, al contrario, è strettamente dipendente sia dalla composizione della dieta sia dallo stato di nutrizione individuale.

Alcuni costituenti della dieta, quali fitati e polifenoli, hanno la capacità di inibire l’assorbimento del ferro non-eme, altri invece possono potenziarlo, come acido ascorbico (vitamina C), o la presenza di carne o pesce. Di seguito i fattori fevorenti e inibenti l’assorbimento del ferro:

Fattori favorenti:

  • Alimenti di origine animale (carne e pesce);
  • Acido ascorbico;
  • Altri acidi organici, come l’acido citrico e lattico.

Fattori inibenti:

  • Caffè
  • Uova (tuorlo e albume)
  • Crusca di frumento
  • Prodotti derivanti dalla soia
  • Fosfati di calcio
  • Fibra
  • Fitati

La percentuale di ferro non-eme assorbita varia dal 2 al 8% e dipende dalla solubilità della forma ferrica nell’ambiente acido dello stomaco.

Negli alimenti di origine animale il ferro eme costituisce circa il 40- 50% del totale, nei vegetali è presente totalmente come ferro non-eme.

La biodisponibilità rappresenta un bilancio tra tutti i fattori presenti contemporaneamente, e di conseguenza è strettamente dipendente dalla composizione dei singoli pasti.

La biodisponibilità del ferro varia dal 14 al 18% in una dieta mista occidentale (5-12% nelle diete vegetariane).

L’organismo ha la capacità, entro certi limiti, di incrementare l’assorbimento del ferro quando le riserve di ferro sono basse.

La carenza in ferro è responsabile dell’anemia sideropenica provocata da esaurimento delle riserve (molto diffusa in Europa, circa il 20-30% delle donne in età fertile ed adolescenti).

La carenza di questo elemento ha ripercussioni negative anche su altri sistemi e meccanismi biologici, come ad esempio il sistema immunitario, i sistemi di neurotrasmissione cerebrale e la termoregolazione.

Clinicamente l’anemia da carenza di ferro si presenta con diversi sintomi, come astenia, pallore, tachipnea, tachicardia. Nelle fasi iniziali possono comparire difficoltà di concentrazione e affaticamento nel lavoro.

L’adeguatezza dello stato del ferro nella popolazione in generale non è facilmente individuabile, perché non esiste un unico parametro indicativo della situazione.

In una prima fase (stadio di deplezione) le riserve sono virtualmente azzerate, come evidenziato dai valori della ferritina.

Successivamente si ha la riduzione del ferro circolante e poi alterazioni dell’eritropoiesi con conseguente modifiche delle caratteristiche dei globuli rossi.

Protraendosi lo stato carenziale, i livelli di emoglobina si riducono al di sotto dei valori considerati normali, e in seguito si può instaurare una grave anemia microcitica e ipocromica.

L’anemia va identificata sulla base dei valori dell’emoglobina: valori tra 13 e 16 g/dl nell’uomo, e tra 12 e 16 g/dl nella donna, sono considerati espressione di normalità.

La regolazione dell’assorbimento del ferro della dieta e dei meccanismi di deposito impediscono invece la comparsa di fenomeni di accumulo: non sono noti casi di intossicazioni acute nell’adulto, e le malattie da accumulo sono di natura esclusivamente genetica.

L’eccessivo apporto di ferro può interferire con l’assorbimento di altri nutrienti, indurre la formazione di radicali liberi dell’ossigeno e favorire la proliferazione batterica.

Ferro: fonti alimentari e apporti di riferimento

Discrete quantità di ferro sono presenti tanto in alimenti di origine animale (carne e pesce) che tra quelli di origine vegetale (legumi, indivia, radicchio verde, spinaci).

Caratteristica della dieta italiana è che la maggior parte del ferro assunto deriva da fonti di origine vegetale. Verdure e ortaggi forniscono più di un terzo dell’assunzione totale del ferro (5 mg/die), mentre i cereali e derivati da una parte e la carne dall’altra forniscono ciascuno circa 4 mg/die. La maggior parte del ferro introdotto mediamente è in forma non-eme (85% del totale).

La biodisponibilità del ferro non-eme nella dieta italiana è relativamente elevata per effetto dell’assunzione di elevate quantità di acido ascorbico

Sono presenti livelli piuttosto bassi di fitato (300 mg/die) e di tannini (presenti solo in tracce). Questi dati fanno dunque prevedere un livello soddisfacente di biodisponibilità del ferro non-eme nella dieta media italiana.

Le raccomandazioni sono basate sulle perdite e sulle quantità necessarie per la crescita e per costituire riserve, tenendo però in considerazione la biodisponibilità di questo nutriente nella dieta.

I fabbisogni sono identificati al fine di mantenere le riserve tenendo conto delle perdite differenti in funzione delle diverse condizioni fisiologiche

Viene stabilito un AR (7 mg per l’uomo e 10 mg per la donna in età fertile), e un PRI (10 mg per l’uomo e 18 mg per la donna in età fertile).

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