Indice glicemico: a cosa serve?

L’indice glicemico è un parametro utilizzato per misurare la velocità di assorbimento dei cibi contenenti carboidrati, e del loro effetto sulla glicemia. Questo concetto fu teorizzato per la prima volta nel 1981 da Jenkins et al.

L’indice glicemico viene calcolato rapportando l’area sottostante la curva glicemica data da 50 g di carboidrati provenienti da un alimento test e la stessa area data da 50 g di carboidrati provenienti un alimento standard (solitamente glucosio o pane bianco).

Sulla base di tale calcolo, 62 tra gli alimenti più comuni sono stati classificati in 3 categorie:

  • Basso indice glicemico: IG da 0 a 55
  • Medio indice glicemico: IG da 56 a 69
  • Alto indice glicemico: IG maggiore di 70

A questo punto è doveroso mettere in chiaro un concetto: i 50 g presi in considerazione durante il calcolo dell’indice glicemico non corrispondono al peso dell’alimento, ma a quello dei carboidrati contenuti in esso!

Questo è molto importante, perchè sottolinea il fatto che gli alimenti non sono, per la maggior parte, costituiti da un solo macronutriente. C’è una grande differenza tra 50 g di carboidrati provenienti dallo zucchero bianco rispetto a 50 g di carboidrati provenienti dalla pasta, che oltre ai carboidrati contiene anche proteine, acqua e micronutrienti.

L’indice glicemico inoltre è estremamente variabile, e può cambiare notevolmente anche per lo stesso alimento. Alcuni fattori che concorrono alla variabilità dell’indice glicemico sono i seguenti:

  • Il tipo (o i tipi) di zucchero o amido contenuto nell’alimento.
  • Il metodo e il tempo di cottura.
  • I vari trattamenti di tipo meccanico subiti dall’alimento (taglio, sminuzzatura, frullatura, ecc…)
  • Se parliamo di frutta, il grado di maturazione.
  • La composizione dell’alimento in toto (acqua, proteine, fibre, grassi…) e del pasto.
  • Lo stato psico-fisico del soggetto (atleti rispetto a sedentari, diabetici rispetto a sani).

Ora vediamo a cosa serve effettivamente l’indice glicemico, sfatando anche diversi falsi miti!

Indice glicemico: serve per dimagrire?

Spesso l’indice glicemico viene preso in considerazione quando si parla di dieta dimagrante: alimenti a basso indice glicemico farebbero dimagrire, mentre quelli ad alto indice glicemico farebbero ingrassare. Ma sarà vero?

Una teoria alla base di questa ipotesi è quella che sostiene che gli alimenti a basso indice glicemico siano più sazianti. Ciò non è esattamente vero, anche se c’è un fondo di senso.

Ad oggi sappiamo che la sazietà dipende da innumerevoli fattori, quali in primis la densità calorica di un alimento, insieme al contenuto di proteine, fibre e acqua. Da non sottovalutare anche la palatabilità dell’alimento stesso.

Sebbene la sazietà non dipenda in senso stretto dall’indice glicemico, si può comprendere il perchè ci sia un nesso logico nel pensarlo: la maggior parte degli alimenti a basso indice glicemico, infatti, hanno poche calorie, tante fibre e proteine, indi per cui sono estremamente sazianti!

Ma la teoria più importante alla base della convinzione che l’indice glicemico sia fondamentale ai fini del dimagrimento è quella che coinvolge l’insulina: questo ormone ha la funzione di abbassare la glicemia dopo un pasto, e di convogliare gli zuccheri dal sangue ai tessuti, dove vengono utilizzati come fonte energetica.

L’insulina è di fatto un ormone di tipo anabolico, infatti oltre a favorire l’accumulo di glicogeno a livello epatico stimola la sintesi proteica e la sintesi di acidi grassi a partire da glucosio e aminoacidi in eccesso.

Proprio la sintesi di acidi grassi è stata presa come punto cardine dalla teoria che lega l’indice glicemico, l’insulina e l’effetto ingrassante: più è alto l’indice glicemico, maggiore è la secrezione di insulina, maggiore è l’effetto ingrassante.

Ecco, questo dal punto di vista fisiologico è un ragionamento che manca totalmente di logica. Innanzitutto l’insulina non è l’unico ormone che concorre alla lipogenesi (produzione di grasso), ma ciò che più conta ai fini del dimagrimento è il semplice deficit calorico.

Se si analizzano i diversi studi in letteratura che confrontano diete a basso indice glicemico con diete normali a fini dimagranti, la differenza a favore delle prime si scopre essere data solo dal fatto che queste erano più ipocaloriche.

Se usciamo dall’ambito del dimagrimento, le diete a basso indice glicemico di fatto trovano una collocazione nell’ambito delle alterazioni metaboliche a livello del controllo glicemico: persone affette da diabete, pre-diabete e PCOS sembrano trovare effetti favorevoli sul controllo della malattia. Ovviamente stiamo parlando di persone affette da patologie, dove il sistema di regolazione della glicemia è alterato.

Indice glicemico: limiti e implementazioni

Come si sarà ormai capito, l’indice glicemico presenta diversi limiti, dati in primis dalla sua stessa natura: esso infatti misura la velocità con cui il glucosio contenuto in un alimento viene assorbito. I valori che troviamo nelle diverse tabelle disponibili sono valori medi, per altro ottenuti su soggetti a digiuno, a riposo e di mattina.

Difficilmente nella vita quotidiana ci ritroveremo a consumare un pasto costituito da un solo alimento, per cui andrebbe considerato l’intero pasto.

Qualora consumassimo un singolo alimento, andrebbe valutato anche tutto il resto del cibo ingerito durante la giornata, visto che anche quello ha un’influenza sulla digestione e l’assorbimento dei vari nutrienti.

L’indice glicemico non tiene inoltre conto della quantità: la risposta glicemica sarà estremamente diversa se consumo 50 g di pasta invece di 200g.

Il fatto che si mangi lentamente o di fretta, quando si è stressati o rilassati, con una masticazione più o meno adeguata incide sulla risposta glicemica.

In più ci sono tutte la variazioni a carico dell’alimento stesso che ho citato precedentemente.

Per ovviare al limite dato dalla non-considerazione delle quantità è stato coniato il concetto di carico glicemico, definito dalla seguente formula matematica:

CG = IG x grammi di carboidrati contenuti nella porzione di alimento test/ 100 g

Come per l’indice glicemico, anche il carico glicemico divide gli alimenti in categorie:

  • Basso carico glicemico: CG da 0 a 10
  • Medio carico glicemico: CG da 11 a 20
  • Alto carico glicemico: CG maggiore di 20

Introducendo un nuovo parametro si ha una visione più rappresentativa della realtà, creando un modello più complesso ma più fedele e preciso.

In questo modo alimenti ad alto indice glicemico come i pop corn (IG=72), consumati in una porzione idonea hanno un carico glicemico pari a 7, ovvero un valore basso. La stessa cosa accade anche al contrario: alimenti a basso IG possono avere un alto CG se consumati in una certa quantità.

Sebbene il carico glicemico introduca anche il concetto di quantità, ci si riferisce ancora all’alimento isolato, e non al pasto completo nè tantomeno alla dieta nel suo complesso.

Se torniamo alla teoria dell’insulina, possiamo dire che non sono solo i carboidrati a stimolarla, ma anche le proteine (in particolare alcuni aminoacidi). Visto che il fine ultimo dell’utilizzo dell’indice e carico glicemico è la valutazione della risposta insulinica, è stato coniato un nuovo parametro per aggiungere un ulteriore tassello al quadro: l’indice insulinico.

Un esempio per spiegare questo concetto: i latticini sono alimenti a basso indice glicemico, e anche a basso carico glicemico. Tuttavia hanno un alto indice insulinico dato dal loro profilo aminoacidico.

La situazione è diventata complicata, vero? La buona notizia è che, per fortuna, non è strettamente necessario mettersi a fare calcoli su calcoli per cercare di capire quali alimenti vadano bene e quali no!

Come già detto, per una persona sana l’unica cosa necessario per stare in salute è consumare tutti gli alimenti nella giusta quantità: un modello a cui ispirarsi per avere un’alimentazione sana e bilanciata è ovviamente la Dieta Mediterranea!

Anche le persone affette da diabete, pur dovendo effettivamente porre più attenzione alla tipologia di alimenti, si ritrovano infine a seguire un’alimentazione ricca di fibre, povera in zuccheri, moderatamente proteica e commisurata alla loro esigenze.

Indice glicemico: in conclusione

Al netto di tutto ciò che vi ho detto, possiamo trarre qualche conclusione in merito all’indice glicemico:

  • L’indice glicemico non è direttamente proporzionale alla risposta glicemica.
  • Picchi glicemici più elevati non sono legati ad alcun effetto ingrassante.
  • La secrezione di insulina successiva ai pasti è fisiologica.
  • L’indice glicemico non è predittivo della risposta insulinica.
  • L’insulina non fa ingrassare di per sè.

Per chi volesse comunque scegliere alimenti a basso indice glicemico, ecco un esempio di giornata alimentare:

  • Colazione: porridge di avena fatto con latte scremato e mirtilli
  • Spuntino: cioccolato fondente
  • Pranzo: Insalata con uova sode, pomodori e olio d’oliva
  • Merenda: mela con cannella
  • Cena: salmone alla griglia

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